Oggi ho scritto una lettera a un amico che vive lontano, che non sentivo da tempo e che quest'estate se ne è andato in giro in autostop. Dalla finestra il cielo è bianco, sembra esserci un gran freddo là fuori, la bici ha il sellino congelato, il lavoro dista 20 minuti di pedalata.
Però penso ad agosto, al caldo e a tutto il resto:
"...Questa estate è stata una delle più belle: ho
viaggiato dentro e fuori di me, ho incontrato delle persone pure, ho respirato, il battito del cervello si è
adattato alla lentezza, il corpo si è ascoltato, il cuore anche. Eravamo sempre accaldate, sudate, affamate. Dopo anni ho rivissuto la fame, sentire i
crampi allo stomaco, sentire il cervello annebbiato e poi le forze che ritornano
al primo morso di pizza, sentire i muscoli che fanno male e stenderli con lo
yoga al mattino.
Mi sono trovata a pensare spesso al karma positivo, alla generosità disinteressata
che ho incontrato e ancora non so dargli una spiegazione; forse doveva essere
così e basta, forse bisogna avere più fiducia di quanta immaginiamo.
E poi ho pensato che si fa presto ad abituarsi allo stare in moto, seppure
costi fatica, e invece non ci si abitua mai del tutto alla città, anche se la
città è piccola e familiare come lo è bologna per noi. Da quando sono tornata però
è come se quella bicicletta me la portassi dentro, come se non vedesse l'ora di
uscire di nuovo..."
La bicicletta tra cuore e polmoni.
Buona giornata di dicembre.
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